Il fu Mattia Pascal al Verdi di Gorizia martedì 11 febbraio
Martedì 11 febbraio 2025 alle ore 20.45, il Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Gorizia ospiterà lo spettacolo “Il fu Mattia Pascal”, dall’omonimo romanzo di Luigi Pirandello liberamente adattato da Marco Tullio Giordana (che ne cura anche la regia) e Geppy Gleijeses, che sul palco interpreta il protagonista Mattia.
Sesto spettacolo degli otto che compongono il cartellone del Verdi dedicato alla prosa, avrà dodici attori in scena e la scenografia di Gianni Carluccio.
Il significato che “Il fu Mattia Pascal” assume nello sviluppo dell’opera pirandelliana è ben lontano dall’essere riconosciuto ancor oggi pienamente, pur trattandosi di un’opera che ebbe grande fortuna. E, incredibilmente, pur nascendo come romanzo (e che romanzo!) è uno dei titoli teatrali pirandelliani di maggior successo, se non quello di maggior “chiamata”. È una “farsa trascendentale” retta sull’assurdo.
Un uomo creduto e poi fintosi morto, quando “risuscita” s’accorge che non può essere riammesso nella società, nella famiglia, perché per la società, per la famiglia egli è morto davvero. Quale prova più scintillante del sentimento del contrario? Disonestà e purezza, vita-morte nel grande caleidoscopio della certezza sociale, che bolla come sicuro quello che non esiste e come inesistente quello che vive.
Come spiega nelle note di regia Marco tullio Giordana, “Il fu Mattia Pascal, pubblicato nel 1904, è il romanzo che diede a Pirandello fama mondiale e che, in continuità con Wilde, Dostojevski, Stevenson e contemporaneamente a Conrad, Freud, Kafka, farà dilagare nella letteratura del Novecento il tema del Doppio, del Doppelgänger, in modo così invadente da spazientire Nabokov che lo considerava «di una noia mortale». In realtà nel romanzo seminale di Pirandello le vicissitudini di Mattia Pascal e del suo specchio Adriano Meis sono il contrario della noia: tanti sono i colpi di scena, e lo spazio/tempo dove si consumano in continue sovrapposizioni, da suggerire nella riduzione per la scena una chiave non realistica e indurre la macchina teatrale a mescolarsi col linguaggio parallelo del cinema, sviluppatosi anch’esso agli inizi del “secolo breve”.